DIARIO DI UNA TIROCINANTE- Inclusione o (dis)integrazione?

Settimana di corsi di approfondimento e formazione in A.P.S Centro Studi Creativamente! Si è tenuta la penultima lezione del corso di formazione per insegnanti sull’inclusione dell’alunno adottato e si è concluso il corso di sensibilizzazione alla L.I.S (lingua italiana dei segni) tenuto da Rossella IANNIBELLI, educatrice esperta in assistenza alla comunicazione. 
Corsi dalla finalità molto diversa, ma io ho colto un unico filo conduttore che mi ha dato l'opportunità  ulteriore di riflettere: l’importanza dell’INCLUSIONE. 
Molto probabilmente questa riflessione non sarebbe stata possibile se l’argomento non mi coinvolgesse personalmente… nel nostro lavoro, spesso, è la nostra vita privata che (consapevolmente o meno) ci porta ad interessarci a questo o quell’argomento. Lavorare nel sociale, in un certo senso, “impone” di andare oltre i pregiudizi e guardare le cose con occhi diversi: in questo spero che la mia esperienza personale sia d’aiuto, o forse è per questo che ho scelto questa professione… oppure sono vere entrambe le cose? 
Dal lato personale hanno entrambi toccato dei punti che mi coinvolgono in prima persona: appartengo ad una delle categorie cosiddette “protette”, per cui i principi dell’inclusione dovrebbero essere rispettati.
Dalla tv e i giornali sento tanto parlare di leggi per la tutela di questa o quella categoria di persone. Ci propinano pubblicità progresso o, per chi svolge determinate professioni, corsi di formazione in cui vengono snocciolate teorie o decaloghi per l’inclusione.

Frequentare i corsi sull’adozione e sensibilizzazione alla L.I.S è stata un’esperienza molto formativa, sia dal punto di vista umano sia sotto l’aspetto professionale.

Ci sono state, da parte mia, anche una riflessione ed una crescita dal punto di vista professionale: non sono state dette cose scontate, al contrario. L’obiettivo è stato passare quella che è la realtà dei fatti, ovvero che per parlare di INCLUSIONE occorre partire dal rispetto delle individualità.
Utilissime le leggi, la consapevolezza, la conoscenza di criteri o regole…. Ma è tutto qui? 
Non ci stiamo dimenticando qualcosa…. O QUALCUNO?
Dietro alle categorie protette ci sono Filippo, Martina, Eleonora, Mattia, Mohamed, Dan Yi… ci sono PERSONE, non etichette!
Che si parli di bambini adottati, persone con disabilità, immigrati, famiglie in difficoltà sociale/economica o con le problematiche più diverse, possiamo essere preparatissimi sulle esigenze di questa o quella categoria, ma quanto spesso chiediamo a quella PERSONA di cosa ha veramente bisogno? Diamo per scontato che seguire le regole, rispettare i programmi ed i protocolli sia sempre corretto… per poi capire che, forse, obbligare quella persona a rispettare determinati canoni non è la strada più giusta: conta di più il regolamento, i soldi per attività e progetti per stare al passo con la Comunità Europea, la tutela preventiva piuttosto che l’aspetto emotivo e la ricaduta che quell’etichetta che noi mettiamo può avere sulla persona.
La legge offre una lista di doveri da rispettare. Ti dice cosa devi o non devi fare per essere in un determinato contesto. Quindi, più o meno implicitamente, ti dice "chi sei" (o almeno chi dovresti essere) per essere accettato.
Ma siamo sicuri che sia sempre giusto così? Una persona è veramente solo UNA categoria?
L’interpretabilità delle leggi è un principio giuridico… perciò un po’ di elasticità nel valutare caso per caso ogni tanto non guasterebbe..

Ci preoccupiamo tanto di INTEGRARE le persone nel contesto, perché è corretto far così e da qualche parte dobbiamo pur farci stare tutti. Ma dall’INTEGRAZIONE all’INCLUSIONE, il passaggio non è scontato.
Solo facendolo non avremmo più titoloni che fanno notizia per cose totalmente banali, come il diritto all’istruzione o al lavoro…. Le persone (che siano sordi, disabili, poveri, stranieri) non dovranno più protestare o litigare per vedere riconosciuti i diritti che in altre situazioni sono scontate.

Disincanto? Utopia sperare che, un domani, sia il contesto a venire incontro alla persona e non sempre l’opposto? Non lo so… io inizio a metterci del mio, sia personalmente sia professionalmente. 




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